Il mio piatto preferito è il polpettone. Il polpettone e la pizza. I miei due piatti preferiti sono il polpettone e la pizza. E questa è una certezza. Due certezze per essere precisi.
Senza acciughe, la pizza mi piace senza acciughe. Non amo troppo la commistione dei sapori, e soprattutto la mescolanza dei carboidrati con il pesce. A dire il vero è il pesce che non mi piace. È per via delle spine. Odio le spine. È come per le rose, sai che c’è qualcosa di buono ma le spine ti infastidiscono, ti respingono. Nella mia vita sono stato respinto una sola volta, ed è successo per colpa di una cena. Una cena a base di pesce ovviamente.
Ho una spiccata idiosincrasia per tutto ciò che popola le profondità del mare e, anche se sono un sub professionista e adoro fare immersioni, il pesce, il sapore del pesce, proprio non lo sopporto. E poi le spine!
Quando Meredith mi invitò a cena sapevo che i miei gusti in fatto di cibo avrebbero potuto compromettere il nostro rapporto. Lei era una modella tra le più quotate, ma anche la figlia di un famoso pescatore, e mi tornava davvero difficile credere che potesse condividere il mio disgusto per le portate a base di pesce. Dunque, una volta solcata la soglia dell’osteria “Marevivo”, non mi restò che prepararmi ad una serata all’insegna delle più sgradevoli torture culinarie.
«Cosa desidera?» Ecco, il momento cruciale era arrivato, e aveva le fattezze gentili di un cameriere.
«Polpettone» mi affrettai a rispondere lasciando che fosse l’istinto a parlare per me.
«Ma caro?!» si lamentò la ragazza, con un’espressione che non dava adito a dubbi sulla natura delle pietanze ammesse a quel nostro primo incontro galante.
«Oh, scusami Meredith!» mi difesi. «Ero soprappensiero! Avete una bella spigola?»
«Certamente, signore» ribatté il cameriere. «Tutto pesce freschissimo, appena pescato.»
«Molto bene!» si gongolò Meredith. «Quand’è così prendo anch’io una spigola… e un antipasto di frutti di mare.»
I frutti di mare. Come ho potuto dimenticarmi dei frutti di mare?! Con la scusa dei loro millantati effetti afrodisiaci la gente si ingozza di quelle sozzerie mollicce, e chiama prelibatezze ciò che persino i gatti scansano nei loro pasti frugali! A me i frutti di mare fanno schifo, ma quella sera mi ritrovai ad ordinarne una porzione doppia, così, tanto per fare una buona impressione su Meredith.
«I signori gradiscono qualcos’altro?» domandò fiducioso il cameriere rivolgendosi alla mia bella compagna.
«Io prenderei anche una porzione di gamberoni arrosto» sentenziò Meredith prima di dedicarmi una tenera occhiata interrogativa. «E tu, caro?»
«Bastoncini di pesce impanati» sbottai seccato, «di quelli surgelati e spinati per cortesia!»
Il cameriere mi osservò disorientato. «Credo di non aver capito» confessò scuotendo la testa.
«Già, neanche io ho capito?» gli fece eco Meredith. «Cosa hai ordinato?»
«Frittura» replicai cercando il tono più basso che la mia voce riuscisse a produrre. «Una porzione abbondante di frittura mista.»
Prima che potessi accorgermene l’ordinazione era stata fatta, la sentenza pronunciata, ed io ero il povero idiota che si era inflitto la condanna con le sue stesse mani, la vittima e il carnefice.
Quando le portate cominciarono ad arrivare al nostro tavolo, compresi che la serata sarebbe stata più complicata di quanto avevo preventivato. Una spigola fumante mi sfidava dal centro di un piatto di ceramica. Sembrava innocua, il pesce sembra sempre innocuo quando giace inerme in un piatto, ma io sapevo che dietro quell’aspetto ingannevole si celava una trappola pungente pronta a scattare.
La prima spina mi colse di sorpresa mentre chiacchieravo con Meredith dei miei interessi musicali. Fu una stonatura imprevista e dolorosa che cercai di cancellare annaffiandola con un bicchiere di vino bianco. Alla stessa maniera affogai tutte le altre stecche che tentarono di rovinare quel mio difficile concerto gastronomico, e ben presto mi accorsi di aver perso il conto delle spine e, con esso, anche quello dei bicchieri di vino.
Mi sentivo euforico, ma anche nauseato dal retrogusto insopportabile che quei viscidi bocconi lasciavano sul mio palato, un retrogusto che neppure una damigiana di moscato sarebbe riuscita a mandar via.
Evidentemente ubriaco, cercai di fuggire lo sguardo della modella, con la speranza di nasconderle la mia condizione e mostrarmi interessato alle sue osservazioni circa la squisitezza del cibo che stavamo mangiando.
«Era da tempo che non assaporavo una spigola così buona!» commentò leccandosi la punta delle dita con un gesto non proprio elegante.
«Per me vale la stessa cosa» mentii, «non mangiavo una squisitezza simile da anni!»
Una spina crudele venne puntuale a punirmi per la mia falsità, lasciandomi senza parole e con l’ennesimo foro nella delicata superficie della mia faringe. Mandai giù in un sorso una buona dose di vino per placare la tosse che mi aveva provocato quell’infido aculeo e, dopo aver poggiato sul tavolo il bicchiere, notai con mia sorpresa che la bottiglia di moscato era andata. Fortunatamente anche della mia spigola non restava quasi più nulla, il primo round del match era terminato in parità e, sebbene barcollassi vistosamente, ero sicuro che sarai riuscito a portare a termine l’incontro.
In quel momento, mentre ero inchiodato all’angolo in attesa che un arbitro-cameriere desse inizio al secondo round, percepii un senso di appagamento interiore e quel leggero torpore che di solito è propedeutico ad una sbornia eclatante. Davanti a me la bocca carnosa di Meredith si apriva e si chiudeva senza emettere suoni. A causa dell’effetto dell’alcool che offuscava i miei sensi le sue parole suonavano mute, e lei sembrava che boccheggiasse come un pesce in un acquario, un bel pesce, di quelli tropicali, ma pur sempre uno degli sgradevoli esponenti di una specie che detestavo. Fu allora che cominciai ad osservare Meredith con occhi diversi, e fu allora che la vidi per quello che effettivamente era.
La gente stolta incorona regine di bellezza insignificanti con la stessa facilità con la quale definisce leccornie i frutti di mare che io disprezzo tanto. Meredith non era diversa da quelle false divinità che talvolta assurgono ad emblema di eccelso splendore. Meredith era brutta, ai miei occhi ubriachi Meredith era brutta come una spigola! E magra anche. Meredith era brutta e magra, magrissima direi. Una lisca di pesce travestita da donna. La odiavo, in quell’istante compresi di averla sempre odiata, come odiavo il pesce, come odiavo le spine.
Nel mio piatto era comparsa un’inquietante frittura mista, una porzione abbondante come avevo ordinato. Meredith mi scrutava diffidente senza smettere di trangugiare le sue ostriche al limone. Nel mio sguardo annegato doveva aver intuito il principio di una tempesta. Ed io feci in modo che quella tempesta non tardasse ad arrivare.
Con un gesto tanto istintivo quanto clamoroso rivoltai il mio piatto sul tavolo. Gli anellini di calamari fritti rotolarono sulla tovaglia riversandosi ad orde sul grembo della modella. E quello fu l’inizio della fine.
Meredith si alzò di scatto dalla sedia e comincio ad urlare, non sentivo la sua voce ma vedevo la sua bocca di pesce spalancarsi sempre più rapidamente. In quell’istante capii come doveva sentirsi Giona di fronte alla balena che l’avrebbe inghiottito. La modella era furiosa e nei suoi occhi iniettati di sangue c’erano tutte le parole che non riuscivo a sentire, parole di odio e di ribrezzo. E tutto perché a me non piaceva il pesce!
Incoraggiato dal vino che ad ondate sempre più copiose fluiva nelle mie vene, afferrai la ragazza per un lembo del vestito e la strattonai con forza fino a spogliarla completamente. Meredith rimase impietrita come gli stoccafissi che sono certo avrebbe apprezzato molto assieme alla spigola e ai gamberi arrosto. Era nuda come un verme, nuda come pesce privato della lucente armatura delle sue squame. Osservai la scena per un po’, con distacco, come si fa davanti all’ennesima replica di un vecchio film. Meredith seguitava ad imprecare e il suo viso era teso e arrossato dalla rabbia. Ma non erano forse branchie quelle escrescenze rosse ai lati della sua gola?! E non era forse una spina di riccio quelle che mi puntava contro additandomi mentre seguitava ad urlare?!
Con una spinta ben assestata decisi di mettere fine a quella scenata senza senso, e in un attimo Meredith si ritrovò sul pavimento lercio dell’osteria, distesa per terra a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua. Quando finalmente la modella abbandonò strillando il locale, sollevai un braccio e attesi che il cameriere accorresse per rispondere alla mia chiamata.
«De…desidera?» balbettò l’uomo una volta che fu abbastanza vicino al mio tavolo.
«Da bravo» gli dissi cercando di coordinare bene pensieri e parole, «portami qualcosa di buono da mangiare.»
«Cosa gradisce?»
«Polpettone» risposi lasciando che un sorriso si distendesse sul mio volto. «Polpettone e pizza senza acciughe.»
Pubblicato in: “Le FiumIdee”, Liberodiscrivere (Genova), 2004